Siamo tante, spesso brave

Corriere de la sera

Giuseppina Manin

I capelli biondi stretti in un codino, maglietta bianca e calzoni rossi, Susanna Mälkki prova alla Scala il concerto che stasera alle 20 si potrà ascoltare in streaming sul sito web e i canali social del teatro. Un programma che si apre con la Serenade per 1,3 fiati composta a i7 anni da Richard Strauss, prosegue con la fiabesca «Ma mère roye» di Ravel e si conclude con la Prima Sinfonia di Beethoven. «Sono così felice di incontrare di nuovo i musicisti di quest’orchestra che mi hanno accolta con tanto calore», dice la direttrice finlandese, 52 anni. Che al Piermarini, io anni fa, è stata la prima donna a dirigere un’opera, la prima mondiale di «Quartet» di Luca Francesconi.

Quella sera cadde un tabu. Che ricordo ne ha?

«E stato un grande onore e un momento importante per me per molte ragioni. La Scala è uno dei cuori della musica nel mondo, per ogni direttore essere qui è una gran fortuna. Ma ancora più importante è esserci oggi. Fare musica insieme in questi tempi difficili è un lusso raro. Brava Milano che ci prova!».

Era il 2006 quando Pierre Boulez la chiamò alla guida del suo Ensemble InterContemporain. E cambiato da allora il ruolo delle donne sul podio?

«C’è stato un grande cambiamento, in questi ultimi anni molte cose sono diventate più naturali, più facili. Quando la società cambia, tutto cambia, quel che accade sul podio accade anche fuori. Le donne stanno conquistando ruoli autorevoli, è naturale che le direttrici siano ormai tante, spesso molto brave. A far notizia non è più il genere mala qualità».

Ha mai provato imbarazzo a dirigere orchestre ancora in gran parte maschili?

«No, io mi sono sempre sentita più come una musicista che “una donna sul podio”. La mia prima regola è sempre stata di concentrarmi sul mio lavoro. Dirigere è un lavoro complesso, un percorso lungo. Una carriera solida si costruisce sull’integrità artistica e richiede tempo. Bisogna dare alle persone l’opportunità di crescere».

Esiste un modo «femminile» di dirigere?

«Sia il maschile sia il femminile sono qualità necessarie per dirigere visto che la musica le comprende entrambe. Quindi no, non esiste un modo di dirigere femminile. Ma è vero che per molti lo spazio delle donne è accettabile solo se è piccolo. A volte le ragazze devono disimparare quello che hanno imparato per essere come “dovrebbero essere”».

La gentilezza fa parte di un nuovo approccio con l’orchestra meno autoritario e narcisistico?

«La gentilezza è quello di cui abbiamo più bisogno in questo mondo! Le buone orchestre sono composte da persone colte e evolute, non possono più venir strapazzate da nessuno. Nemmeno dagli uomini».

Da 5 anni è la direttrice principale della Helsinki Philharmonic. Che legame ha stabilito con loro?

«E meraviglioso lavorare con l’orchestra della mia città, alcuni di quei musicisti li conosco fin da bambina, condividiamo l’orgoglio per la cultura e la musica del nostro paese. I progetti sono tanti, ma quello a cui più teniamo e di poter ritrovare presto il nostro pubblico».